Dall’alba dei tempi l’essere umano si è districato in labirinti della mente creati e guidati da un unico grande bisogno. La Ricerca.
L’Acqua, l’Apeiron, l’atomo, la ricerca dell’inizio, la ricerca della ragione delle cose, la ricerca della loro essenza. Un navigare in un Iperuranio fatto di specchi che ci riconducono a nuove domande e nuovi punti di partenza, alla ricerca di qualcos’altro. Sempre più in fondo. Sempre più lontano.
Una ricerca che secondo molti, e anche il sottoscritto, non dovrebbe avere mai fine, e in un ciclo ouroborico ricominciare in eterno nutrendosi di se stessa.
Zètema è la personificazione della Ricerca, probabilmente nel senso di ricerca di conoscenza, di autocoscienza. Appare, con il nome iscritto che la identifica, in una pittura della necropoli di Hermopolis Ovest (Tunah el-Gebel, Medio Egitto), scoperta nel 1933 in una tomba, datata dagli scavatori ad età adrianea (probabilmente più tarda) e attualmente al Museo del Cairo.
La pittura presenta, tra due episodi della vita di Edipo (la risoluzione dell’indovinello della Sfinge, a sinistra, e l’uccisione di Laio a destra) tre personificazioni: Zètema, la Ricerca; Tebe (Θῆβαι), la città legata ad Edipo, ed Agnoia (῎Αγνυα) l’Ignoranza. Tutti i personaggi sono identificati da iscrizioni.
Probabilmente il tema della pittura non è né l’illustrazione della leggenda di Edipo, né di una tragedia consacrata a questa leggenda, come supponeva il primo storico, ma la spiegazione filosofico-religiosa del mito, e cioè la ricerca di se stessi, il riconoscimento di se stessi, lo zetèin, interrotto dai disastri dell’ignoranza.
Questo significato simbolico in connessione con il mito di Edipo è già presente in un passo di Plutarco (Moralia, 522 b-c), dove viene sottolineato che Edipo, cercando la sua identità, va incontro ad errori, ma la ricerca di verità, che è sempre all’origine delle sue tragiche vicende umane, lo riscatta alla fine da questi stessi errori.
Il nostro è un piccolo antologico di una quarantina di pagine a fumetti progettata da quattro dei nostri autori (tra cui il nostro Direttore artistico). Il suddetto Gabriele Bollassa che con una storia sottomarina, un costrutto tra mito e timore, ci conduce nella mente di un uomo che alla ricerca di un qualcosa trova qualcos’altro cui è disposto anche a far finta di non aver visto per timore della verità. Una verità da ammettere a se stessi più che agli altri.
La seconda storia vede come autore Icona T che col suo umorismo mette in vignette, in un susseguirsi ripetitivo e costante della stessa gabbia, uno strano interrogatorio su di un caso di scomparsa riaperto dopo diversi anni. Una moderna visione di un “Fu Mattia Pascal” tutta da gustare al ritmo dei classici botta e risposta tipici dei polizieschi televisivi.
La terza storia rallenta la narrazione e l’impeto del volume, con un poetico Samuele Recchia, che pare portarci in un surreale e muto mondo onirico. Una landa desolata, un techno-uomo con una maschera da coniglio, tratto distintivo di molte sue produzioni, dotato di una lunga tavola da surf. Le vignette sono organizzate al dettaglio, impostando quasi un cullare del lettore che viene trascinato fino all’ultima pagina dove la rivelazione rimane un po’ ermetica e spinge il lettore a tornare indietro di qualche pagina per esclamare un “Ecco!” che fuga ogni dubbio.
Il volume viene chiuso dal nostro pop-striper preferito che ci porta in un universo alternativo dove un’Azienda futurista trasforma sogni, pensieri e desideri in realtà (e qui non parliamo di banche costruite intorno a noi). Il tutto è narrato e visto da alcuni suoi dipendenti, e uno in particolare, ormai tediato dalla costante routine e braccato dal bisogno impellente di fuga e tranquillità. Roberto D’Agnano, autore di TrapKid (un’ironica traslitterazione a fumetto della musica Trap su cui attualmente sta lavorando), ci sbeffeggia con la sua bonaria cazzonaggine portandoci ad un finale che ci fa sorridere e sentire un po’ idioti. Ci fa sentire stupidi e vuoti nel cercare di farci comprendere quanto sia così inutile il bisogno umano di ottenere nevroticamente qualcosa. Di ottenere sempre di più senza mai riuscire a trovare pace.
Questo antologico è il primo esperimento targato Prott e Fotonico Crew, da cui la collana a fumetti prende il nome (Photonico).
In Copertina lo psichedelico Nalsco che da una risaia liquamosa e trasportato da uno sciame di zanzare fin sulla terraferma del Vercellese, ci offre una labirintica visione dungeon quasi anni 80.